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Dopo aver inutilmente cercato di trasformare la società attraverso le massime istituzioni della democrazia rappresentativa, Isabelle Attard, ex deputata ecologista, ci racconta le frustrazioni e le disillusioni che l'hanno spinta a cercare altrove le soluzioni a quelle ingiustizie e disparità contro le quali si è sempre battuta. Ed è proprio nel dare forma e sostanza a una società autenticamente femminista, federalista e antiautoritaria, a una società basata sul mutuo appoggio e sul rispetto del vivente, che il suo cammino incrocia quello dell'anarchismo. Di un anarchismo positivo che si è concretizzato in innumerevoli sperimentazioni nel tempo e nello spazio, coinvolgendo milioni di persone, e che non ha niente a che vedere con l'immagine stereotipata confezionata dai suoi detrattori, guarda caso ben rappresentati in parlamento. Un'adesione non ideologica, dunque, che nasce da una condivisione «sul campo» di metodi e valori libertari. Ed è appunto di questo che ci parla Attard in quello che non è un saggio ma una storia: la storia di una donna «normale» che mai avrebbe immaginato di riscoprirsi anarchica.